La mia febbre balcanica

Sono le 10.09 del 30 giugno 2015.
La persiana trasuda il caldo violento della città. Milano è sveglia dalle cinque del mattino almeno, con i furgoni della pulizia delle strade, le macchine e i loro clacson, il rumore acuto del semaforo per i pedoni. La vampa muove le tende.
Un violino triste mi porta su un battello, nel basso corso del Danubio. La sera chiede il contatto di una maglia sulle braccia nude. Ho questo potere di essere sempre da un’altra parte.

C’è una parte di me che costantemente mi rema contro.
C’è una parte di me che non perde occasione per dirmi che non valgo niente.
C’è una parte di me che non vuole una parte di me.